Chi è indagato ha il divieto di espatrio? (2025)

Posso andare all’estero se ho un processo penale in corso? A chi e per quali reati viene ritirato il passaporto? Come si impedisce che un imputato scappi e si rifugi in un Paese straniero?

Ascoltiamo spesso notizie di persone, sottoposte a indagini per reati gravi, come l’omicidio stradale, che dopo il fatto e in attesa del processo vanno (qualcuno dice scappano) liberamente all’estero. Possono farlo, se non erano stati arrestati in flagranza e se non avevano ricevuto misure cautelari che gli impedissero di espatriare. Così sembra che lo Stato rimanga inerte, anche di fronte a episodi che suscitano notevole clamore e allarme sociale, oltre che preoccupazione e rabbia nelle vittime.

Come funziona la giustizia in questi casi? Chi è indagato ha il divieto di espatrio, e se sì quando scatta questa misura? È previsto anche il ritiro del passaporto? Vediamo cosa dicono le norme del Codice di procedura penale e come vengono applicate nella prassi, per capire quando e come viene imposta la presenza sul territorio nazionale della persona sottoposta a indagini, senza consentirgli la possibilità di varcare i confini, e quando invece la libertà di movimento non viene limitata, nonostante la pendenza del procedimento penale e del processo.

Indice

Persona indagata: può andare all’estero?

Chiariamo subito un punto fondamentale. Una persona indagata per qualsiasi reato, compreso l’omicidio, può andare all’estero se non è sottoposta ad una misura cautelare. E tra le misure cautelari rientrano non solo quelle coercitive, come la custodia in carcere, gli arresti domiciliari o l’obbligo di dimora, che evidentemente limitano la libertà di movimento del soggetto sottoposto, ma anche il divieto di espatrio, che è proprio la misura ad hoc prevista quando si decide di non impedire gli spostamenti sull’intero territorio nazionale, che rimangono possibili, ma si vogliono evitare fughe all’estero, magari per sottrarsi alle conseguenze del processo in caso di condanna.

Quindi, in estrema sintesi, ogni indagato e chiunque è sottoposto ad un procedimento penale può andare all’estero se non gli è stato applicato dal giudice il divieto di espatrio, e in tal caso non può varcare i confini nazionali solo a partire da quel momento. E questo vale non solo nella fase delle indagini preliminari ma anche dopo il rinvio a giudizio, cioè quando l’indagato diventa imputato e inizia il processo vero e proprio a suo carico.

Divieto di espatrio: come funziona

Il divieto di espatrio, previsto dall’articolo 281 del Codice di procedura penale, è la misura cautelare che impone all’indagato (o all’imputato) di non uscire dal territorio nazionale senza l’autorizzazione del giudice che in quel momento conduce il procedimento (ad esempio, il giudice per le indagini preliminari nella fase iniziale, o quello del dibattimento se il processo si trova in uno stato avanzato).

Quando emette il provvedimento, accogliendo la richiesta formulata dal pubblico ministero, il giudice dà anche le disposizioni necessarie per impedire l’utilizzazione del passaporto e degli altri documenti validi per l’espatrio (come la carta di identità che è sufficiente per andare negli Stati membri dell’Unione Europea anche senza passaporto).

Il divieto di espatrio rappresenta una deroga all’articolo 16 della Costituzione che sancisce il diritto alla libertà di circolazione e di movimento non solo in Italia ma anche fuori, quindi oltre i confini nazionali («ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge»).

Divieto di espatrio: quando si applica?

Il divieto di espatrio non si applica per tutti i reati, ma solo per quelli che prevedono la pena della reclusione non inferiore a 3 anni o l’ergastolo. Si tratta, quindi, di delitti di particolare gravità, e sono escluse tutte le contravvenzioni.

Inoltre, trattandosi di una misura cautelare, devono ricorrere i gravi indizi di colpevolezza del reato per cui si procede, cioè elementi significativi di responsabilità, e, quanto alle esigenze cautelari, si deve ravvisare un concreto pericolo di fuga, o di reiterazione del reato, o di inquinamento probatorio.

Quando c’è pericolo di fuga?

Il pericolo di fuga – che è il motivo più frequente per disporre il divieto di espatrio – può desumersi da elementi e circostanze che dimostrino la volontà e il progetto di recarsi all’estero, come ad esempio la disponibilità di abitazioni in altri Stati, le prenotazioni per viaggi aerei internazionali, aver fatto i bagagli pronti per partire, una contraffazione dei propri documenti di riconoscimento, i contatti presi con persone straniere che hanno dato la loro disponibilità ad ospitare l’indagato.

Un indagato, temendo di essere arrestato e processato per un omicidio stradale commesso in Italia, subito dopo il quale era fuggito, acquista un biglietto aereo per recarsi in Brasile, dove ha trovato alloggio presso alcuni amici. Vorrebbe così far perdere le sue tracce, ma nel frattempo arriva il divieto di espatrio disposto dal giudice e così viene bloccato al check in aeroportuale.

Divieto di espatrio: quali deroghe?

Anche in presenza di divieto di espatrio, si può ottenere dal giudice l’autorizzazione a recarsi all’estero per particolari e documentati motivi (ad esempio, per ricevere cure mediche non possibili in Italia, o per partecipare al funerale di un parente). L’autorizzazione, quindi, va concessa caso per caso, ed è limitata alla singola occasione manifestata.

Spesso il divieto di espatrio viene applicato, come misura residuale, agli imputati scarcerati per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare, anche insieme all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e di dimora, per sorvegliare costantemente i loro movimenti ed impedirgli di andare all’estero.

Per alcuni reati, come quelli di traffico o spaccio di sostanze stupefacenti, il divieto di espatrio – insieme al ritiro della patente di guida – non è più una misura cautelare, ma diventa una pena accessoria alla condanna irrogata all’esito del processo [2].

A chi viene indagato ritirano il passaporto?

Come abbiamo detto, il ritiro del passaporto (o della carta di identità valida per l’espatrio) è una conseguenza dell’applicazione del divieto di espatrio all’indagato. Non è possibile, quindi, ritirare, revocare o sospendere il passaporto se non c’è questa misura cautelare.

In caso positivo, invece, il giudice valuta come e per quanto tempo bloccare la validità del passaporto di cui l’indagato è in possesso, per evitare che l’intestatario possa utilizzarlo e così riuscire a varcare la frontiera. Esiste un circuito informativo di Polizia internazionale per le comunicazioni, aggiornate quasi in tempo reale, dei passaporti bloccati a seguito dell’applicazione del divieto di espatrio.

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note

[1] Art. 274 Cod. proc. pen.

[2] Art. 85 D.P.R. n. 309/1990.

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